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Il test di Cooper
È una prova che fu messa a punto dal medico americano Kenneth Cooper negli anni sessanta per valutare rapidamente ma con efficacia le condizioni fisiche degli aviatori statunitensi. Il test, molto semplice, consiste nel correre (se ci si riesce) o nel camminare per 12 minuti su un percorso pianeggiante cercando di coprire la maggior distanza possibile ma senza stravolgersi, cioè senza arrivare alla scadenza dei 12 minuti in condizioni di affanno (cuore che pulsa oltre i 150 battiti al minuto, respiro molto affannoso, gambe dure ecc.). Ultimata la prova bisogna rilevare la distanza percorsa espressa in metri ed inserire il dato nella apposita tabella riportata più sotto: ad ogni distanza e in funzione dell’età e del sesso corrisponde uno stato di forma. La tabella fu elaborata sulla base di oltre 23.000 test effettuati dapprima su individui privi di preparazione atletica e, successivamente, sulle stesse persone dopo che si erano sottoposte a un periodo di allenamento di qualche mese. La tabella fu in seguito aggiornata con i dati provenienti dagli istituti di medicina sportiva di tutto il mondo.
Il test di Conconi
Si tratta di un test abbastanza complesso e che per essere eseguito in maniera precisa ed efficace richiede anche la presenza di una persona che assista l'atleta. Il professor Conconi è uno dei tecnici italiani più famosi nel mondo e ha seguito la preparazione di numerosi atleti fra i quali Francesco Moser nel ciclismo e Alberto Cova nell'atletica. La prova permette di individuare con precisione la soglia aerobica di ciascun individuo, cioè il momento in cui i muscoli "cominciano a far fatica”, definizione decisamente terra-terra ma che pensiamo sia abbastanza chiara per indicare il momento in cui i muscoli, oltre a bruciare l'ossigeno apportato dal sangue, iniziano ad alimentarsi anche con le riserve zuccherine del corpo e quindi a produrre acido lattico. Più avanti spiegherò in dettaglio cosa comporta questo fenomeno; per ora basti sapere che più alta è la soglia aerobica e più preparato risulta l'atleta. Il test viene effettuato su una base pianeggiante lunga più o meno 100 metri che il “Runner” deve percorrere ripetutamente a velocità il più possibile costante e misurando ogni volta all'arrivo il tempo impiegato per superare la distanza e i battiti cardiaci. La base deve essere percorsa almeno cinque volte e i dati finali (tempo di percorrenza e battiti) devono essere quelli ottenuti facendo la media matematica delle tre misurazioni che restano sulla carta dopo aver scartato la prestazione migliore e quella peggiore. Ciò significa che l'atleta deve correre per cinque volte sulla stessa base sempre alla stessa velocità e che da queste cinque prove ricaverà un solo tempo e una sola frequenza cardiaca. Esaurite le cinque prove e fatti i debiti calcoli si ripete il test correndo a velocità leggermente più elevata, procedura che va ripetuta fino a quando si arriva a correre al limite delle proprie possibilità. Su un foglio a quadretti si andranno poi a riportare in un diagramma i tempi (in secondi sull'asse orizzontale) e le pulsazioni per minuto (ppm, sull'asse verticale) che corrispondono alle diverse prove. Unendo con una linea i vari punti si noterà che la linea sarà diritta per un certo tratto e poi piegherà verso l'alto. La frequenza cardiaca che corrisponde all'inizio di tale flessione è quella che coincide con la soglia aerobica, Cioè con il momento in cui i muscoli "iniziano a far fatica". Un esempio chiarirà meglio l'esecuzione del test. Supponiamo di correre su un percorso di 100 metri. La prima prova si conclude in 34 secondi a una frequenza cardiaca di 135 ppm; la seconda prova da origine a un tempo di 36" e a 133 ppm; la terza viene chiusa in 38" con 130 ppm; la quarta in 35" con 133 ppn e la quinta in 33" con 138 ppn. Scartiamo le prove numero tre e cinque (la più lenta e la più veloce) e facciamo la media delle altre tre; si ottiene un tempo medio di 35 secondi (frutto della somma 34+36+35 divisa per tre) cui corrisponde una media di 134 ppm. Ora effettuiamo altre cinque corse ma a velocità più elevata, scartiamo nuovamente i risultati migliore e peggiore e calcoliamo (li nuovo la media dei tre risultati più omogenei; supponiamo dì ottenere un tempo di 31 secondi e una frequenza di 141 ppm. Continuiamo il test fino a raggiungere la massima velocità e mettiamo in una tabella le medie via via calcolate. Se ora componiamo i dati in un diagramma, notiamo che la linea rappresentativa delle nostre prestazioni comincia a flettersi verso le 160 pulsazioni al minuto cui corrisponde un tempo, su 100 metri, di 22 secondi. Moltiplicando per dieci quest'ultimo dato si otterrà il tempo, espresso in secondi, che impiegheremmo per percorrere un chilometro (220 secondi). Dividendo infine i secondi così ottenuti per 60 troveremo il tempo, in minuti e secondi, che realizza la nostra prestazione aerobica sui 1000 metri. Nel caso specifico la soglia aerobica si attesterebbe sui 3 minuti e 40 secondi al chilometro, un limite che rappresenta la velocità massima esprimibile dall'atleta in questione senza che abbia particolari problemi in termini di stress fisico. Ripetendo il test ogni due mesi potremo verificare come varia e di quanto si alza il nostro limite man mano che si procede nell'allenamento.
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